Mso Mame si impegna a rafforzare la dotazione del dispensario locale con materiale di primo soccorso e di prima diagnosi (termometro, sfigmomanometro – fonendoscopio, glucometro) e, con la collaborazione del parroco, a sostenere i costi delle cure di alcuni pazienti provenienti da situazioni di grande disagio. Un’attenzione particolare è riservata alle persone con disturbi mentali, che per questo motivo sono spesso abbandonate o dimenticate dalla comunità e dalle loro famiglie. Il sostegno alla salute delle persone del villaggio consiste non solo nella promozione della medicina convenzionale, ma anche di quella tradizionale (come con la cura con le piante).

Storia del piccolo dispensario

Nel quartiere c’è un piccolo dispensario gestito da un infermiere che offre servizi ambulatoriali e eventualmente di ricovero per brevi degenze. Per i casi più complessi, i pazienti vengono mandati in centri medici più grandi e più specializzati. Si ricorda tuttavia che non ci sono mezzi di trasporto se non quelli privati e che spesso il trasporto nel villaggio è una moto. Il parroco che risiede di fronte al dispensario, si occupa quindi spesso di organizzare tali trasporti, così come di accompagnare le persone più anziane a fare le visite mediche in ambulatorio.

La storia di Mobou

Mobou, giovane donna di 38 anni madre di 2 figli. Mobou si è laureata in Medicina in Mali e aveva deciso di trasferirsi in Benin per specializzarsi in otorinolaringoiatria. Dopo solo un anno di permanenza a Cotonou, nel 2008 è iniziato il suo incubo. Stando ai ricordi della ragazza, era in un pullman con dei colleghi medici diretti in Burkina Faso per un seminario quando ha iniziato a urlare e non sono riusciti a tranquillizzarla con nessun mezzo. Tornata a casa in un breve periodo di lucidità, ha preso il primo taxi per l’aeroporto di Cotonou ed è rientrata dalla sua famiglia in Camerun. Da questo ritorno non programmato non si è mai ripresa. Con l’aiuto dei genitori, Mobou ha potuto seguire delle cure e ha provato degli inserimenti lavorativi senza nessun esito positivo.

Mobou ci è stata presentata da un suo parente che le aveva consigliato una cura con delle piante terapeutiche; cure che Mobou ha abbandonato dopo 8 giorni. La ragazza ci è stata presenta come una persona molto chiusa che non partecipava e non collaborava in nessun modo alla vita familiare, non aveva nessuna cura della sua persona e poteva stare per giorni rinchiusa nella sua stanza saltando anche i pasti. Durante il nostro primo incontro in presenza dei genitori, Mobou ha ribadito la sua decisione di non voler proseguire le cure. Sembrava molto spaventata e non ha parlato molto, quindi abbiamo organizzato un secondo incontro senza i genitori. In quella sede, Mobou ha confessato che le sue cure sono molto costose e non vuole pesare ulteriormente sui suoi genitori, motivo del suo rifiuto di adesione alle cure. Ad oggi, la ragazza vive in casa con i suoi genitori, non lavora e si rifiuta di assumere terapie. È consapevole dei suoi problemi di salute e allo stesso tempo riconosce di non essere in grado di esercitare come medico, ma sarebbe disposta a partecipare ad attività di animazione ed educazione rivolte a persone bisognose. I genitori che una volta erano il suo punto di riferimento sono anziani e ammalati; il padre soffre di diabete, insufficienza renale ed è cieco, mentre alla mamma è stato diagnosticato 2 anni fa un tumore e segue pesanti cicli di chemioterapia. Il primo figlio di Mobou (5 anni) è stato affidato ad altri famigliari e non vive in casa con la mamma, la più piccola di 3 anni vive con lei, con l’assistenza di una baby sitter. Mobou vorrebbe tanto fare una vita “normale” come dice lei (aver una casa, un marito e un lavoro) ma non ha l’assistenza necessaria per raggiungere tali obiettivi. Sarebbe ben disposta a seguire le cure, ma senza richiedere il sostegno finanziario dei suoi genitori e adeguandosi a un piano di recupero. Da un confronto con la naturopata, il primo passo consisterebbe in una cura di 6 mesi per rigenerare le cellule nervose, questa cura sarebbe da integrare con un farmaco anti depressivo che le era già stato prescritto dallo psichiatra ma mai preso.